Una competenza chiave europea: la comunicazione nella madrelingua

di Maria Piscitelli, Maria Rosa Giannalia | del 05/05/2012
Una competenza chiave europea: la comunicazione nella madrelingua

         
Rilanciare con forza il discorso dell’educazione linguistica, relativamente alla madrelingua costituisce oggi una priorità educativa, sia perché la padronanza delle competenze linguistiche, ancora scadente negli alunni italiani (vedi esiti OCSE PISA), è indispensabile per
 

la crescita della persona e per la formazione dei futuri cittadini (italofoni e non) sia perché gli attacchi su questo versante appaiono ripetuti e provenienti da più ambiti. Troppe volte alcuni principi fondamentali dell’educazione linguistica democratica  sono rimessi in discussione oppure vengono distrattamente trascurati, anche dagli addetti ai lavori. Ne è un esempio quanto si leggeva nell’agosto del 2008 inuna lettera al Direttore del Corriere della sera del Ministro Gelmini: «Noi vogliamo una scuola che insegni a leggere, scrivere e far di conto. Una scuola in cui si torni a leggere I Promessi Sposi e dove non si dica più che lo studente “dovrà padroneggiare gli strumenti espressivi e argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti”»(Gelmini 2008). Tralasciando l’affermazione iniziale – «si insegni a leggere, scrivere e far di conto» – su cui c’è accordo da sempre, creano invece imbarazzo e perplessità i passaggi successivi.

 

In primo luogo, a fronte del richiamo a leggere I Promessi Sposi occorre precisare che, in realtà,  sono molto letti nella scuola italiana, fin dalla scuola secondaria di I grado; sono letti da ragazzi di 12-13 anni che, tra l’altro, in gran parte non sanno ancora bene leggere e scrivere. Risulta pertanto difficile comprendere il senso di questo richiamo, a meno che non si voglia estendere la lettura manzoniana anche a bambini di 8-9 anni o in ancor più tenera età. Tuttavia ad inquietare è l’insofferenza rivelata dal secondo passaggio, in quanto contrasta fortemente con documenti ufficiali nazionali – “Indicazioni nazionali piani di studio” (D.L. 19 febbraio 2004, n. 59); “Indicazioni nazionali per il curricolo delle scuole dell'infanzia e del primo ciclo” (D.M. M.P.I. 31 luglio 2007); “L’Asse dei linguaggi” (D.M. M.P.I. 22 agosto 2007); “Asse dei linguaggi” in Risultati di apprendimento per l’area di istruzione generale - I nuovi Istituti Tecnici (MIUR, Bozza di lavoro, novembre 2009) – e raccomandazioni internazionali in materia di istruzione. Si vedano a proposito le “Competenze chiave per l’apprendimento permanente. Un quadro di riferimento europeo” e in particolare la definizione data e le conoscenze-abilità-attitudini richieste in riferimento alla madrelingua (Racc.ne Parlamento e Consiglio Europeo 2006/962/CE).

 

Molto probabilmente l’affermazione del Ministro Gelmini va intesa come un lapsus sfuggito all’autore o il sintomo di una insofferenza al linguaggio tecnico, poiché augurarsi che lo studente non padroneggi più “gli strumenti espressivi e argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti”, significherebbe negare ai cittadini di domani quegli strumenti necessari ad esprimere e argomentare il loro pensiero; un diritto tanto fondamentale da trovare le sue radici in norme costituzionali.Leggi tutto in "Lend, lingua e nuova didattica, n.2, Aprile 2010, pp. 45-50.